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Quando su un mercato si cominciano ad applicare dazi su prodotti importati da altri paesi, significa che c’è qualcosa che non va. I dazi, se vengono applicati in misura provvisoria per superare fasi critiche di mercato che saranno superate nel tempo, ci può stare, ma se devono essere permanenti per compensare le inefficienze del paese che li applica, allora appaiono penalizzanti per quel paese,  magari sotto altre forme.
I dazi applicati dalla comunità europea ai veicoli cinesi, che in alcuni casi ragghiugono il 47%, rappresentano un’arma a  doppio taglio per quei paesi che hanno rapporti commerciali con la Cina sul prodotto auto, in  particolare Germania, Italia, e Francia. A tal proposito occorre valutare se sono meglio i dazi o lasciare libero il mercato di muoversi in completa libertà, altrimenti si rischia di creare più danni che benefici.
L’analisi è stata effettuata dal Fmi, che ha evidenziato la soglia di pericolo qualora la quota di mercato delle auto cinesi arrivasse al 15% in cinque anni, le perdite complessive inciderebbero dello 0,15% del Pil per la Germania, Francia e Italia, i principali Paesi manifatturieri dell’Unione. Mentre, se i dazi fossero al 25% le perdite salirebbero allo 0,18% del Pil. Con dazi ipotizzati al 100%, invece, arriverebbero allo 0,46%.
La UE ha appena varato dazi fino al 37% sulle auto elettriche Made in China, che in aggiunta al 10% già applicato, porta il tutto al 47%.
Il vice del dipartimento del fondo Europeo, Oya Celasun, dichiara che «raramente i dazi aiutano, anzi rendono i Paesi che li impongono meno competitivi, aumentano i costi e scatenano ritorsioni, che sarebbero da prendere molto sul serio per qualsiasi economia che trae grandi benefici dal commercio, come quella europea». Il Fondo avvisa che l’imposizione di dazi sulle auto elettriche cinesi da parte della Ue può avere ripercussioni superiori all’ingresso dei concorrenti sul mercato. Quindi, i benefici virtuali su un settore, come quello del commercio delle auto elettriche, potrebbe avere riupercussioni negative non solo per l’automotive in generale e il suo indotto nei paesi maggiormentie esportatori, ma addirittura ripercussioni per tutta l’economia dei Paesi coinvolti, in particolare l’Italia.
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