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La mobilità elettrica sta creando un po’ troppi problemi, almeno in Italia, le istanze del Governo hanno fatto breccia anche in altri paesi che non vedono nell’elettrico la soluzione a tutti i problemi climatici nei tempi previsti, ma soprattutto creano molte controindicazioni all’economia interna. Se da un lato si tende alla decarbonizzazione entro il 2035 dall’altro alcuni gruppi internazionali, compresa la nostra ENI, investono decine di miliardi di euro nella sperimentazione e produzione di biocarburanti. Entro il 2025 l’Europa deve stabilire i criteri delle emissioni in atmosfera sull’intero ciclo di vita e valutarne entro il 2026 i progressi delle singole tecnologie. Sbagliare una mossa vuol dire buttare al vento circa 9 mila migliardi di euro, a tanto ammonta l’impegno economico che le industrie della ricerca e raffinazione stanno mettendo in campo. L’impegno rimane la decarbonizzazione di energia e mobilità, la sicurezza energetica, l’ottimizzazione delle risorse, ma anche dei livelli occupazionali. 
Come evidenziato nel convegno,  “Infrastrutture energetiche per una transizione sicura e sostenibile” di Confindustria, l’Italia può contare su una posizione geografica ottimale per l’ulteriore crescita di fonti rinnovabili e per la diversificazione delle rotte di importazione del gas. Inoltre, può contare su riserve di gas naturale non utilizzate, su capacità di stoccaggio incrementabili e su reti di trasporto e trasmissione diffuse nel territorio. La sua leadership in Europa nella produzione di biocarburanti e le importanti eccellenze nei processi di economia circolare, completano il quadro delle opportunità disponibili. Si pensi che già oggi l’80% rifornisce i veicoli a gas naturale in Europa con infrastrutture già presenti. Ora tocca al Governo liberalizzare e sburocratizzare i progetti e le risorse già preventivate, ma ancora troppo poco applicate.

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