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È sicuramente un azzardo affermare che la pandemia da Corona virus può avere anche un risvolto positivo, almeno da noi in Italia. Ciò dipende dal punto di vista: che non è certamente riferito alla salute pubblica, nemmeno all’economia e alla finanza, men che meno per il lavoro, e allora? Sicuramente la contaminazione veloce e quantitativamente importante del Coriv-19 ha messo alle corde l’intero sistema paese.

Il collasso generale delle attività e del conseguente incremento dei bisogni per la salute, l’economia e la sussistenza di intere categorie di persone ha messo in evidenza i limiti della politica e soprattutto la qualità, capacità (o incapacità) generale di molti dei politici al governo e no, senza alcuna distinzione di sorta.
Le contraddizioni sono all’ordine del giorno, confusione e disorganizzazione vengono ben camuffate da spot televisivi, che fanno il ciclo fra gli esponenti di partito man mano delegati a leggere il loro spot pubblicitario preventivamente concordato (per par condicio). Neppure i commenti pubblici dei media servono alla bisogna, ormai sono la ripetizione, il solito refrain trito e ritrito (la fantasia è ormai una dote sconosciuta, se si vuole mantenere la poltrona) che tendono a coprire od omettere quello che invece servirebbe come informazione alla popolazione. Ne è un esempio il recente contributo di 600 euro elargito alle partite Iva, artigiani, professionisti, agricoltori, ecc., dove quasi nessuno ha messo in evidenza che anche questa “mancia” era soggetta a vincoli ben precisi, soprattutto a un certo limite di reddito, mentre tutti hanno puntato sull’elargizione dei 600 euro a tutti. Difatti! la cattiva informazione ha mandato in tilt il sistema dell’INPS con circa 2 milioni di richieste nel primo giorno. Solo qualche organo d’informazione ha il coraggio di essere critico ed evidenziare ciò che non funziona e comunque mostrare i limiti dei politici e dei personaggi che li attorniano.
Qui – però – dobbiamo fare una netta distinzione, tra la politica (vecchia) degli ultimi 20, 30 anni e quella dell’attuale classe dirigente.  La prima riflessione che ci viene in mente è di un Paese che non ha avuto da molti lustri, e non ha tuttora, una programmazione di lungo respiro su cui fondare i propri progetti e obiettivi, ma ricorre a soluzioni tampone per rimediare qua e là, secondo il succedersi degli eventi e il ciclo dei governanti del momento. Una siffatta situazione non può certamente avere un futuro stabile. Ovviamente tutto ciò si riflette anche fuori dei nostri confini; in Europa non siamo più credibili, non riusciamo a far valere le nostre ragioni e i nostri diritti, neanche quando ne abbiamo tutti i titoli per poterlo fare.
Diceva mio nonno riferendosi alle stagioni della vita, quello che semini, raccogli e se non hai seminato o l’hai fatto male per incompetenza, incapacità o altro, il risultato sarà modesto e di scarsa qualità, comunque insufficiente per i tuoi bisogni. È anche vero che indipendentemente dall’andamento disastroso che può aver avuto la campagna agricola (per rimanere nel nostro esempio) non tutti soffrono, c’è sempre qualcuno che ingrassa e continua a fare scorte, magari sfruttando rendite di posizione a discapito di molti che invece sono in sofferenza, e che oggi cerca di sfruttare al meglio la situazione per mantenere il suo status quo.
Oggi ottiene consenso chi parla e si presenta bene, non chi ha qualità, conoscenza ed esperienza  accumulate e dimostrate sul campo. Questo succede purtroppo in tutti i settori, ma nel caso di chi deve dirigere un’azienda e maggiormente un paese, fa la differenza e… i risultati prima o poi si vedono.
Ecco, questo ci lascia l’epidemia: la consapevolezza che occorre una svolta, un nuovo modo di concepire la politica, più sulla persona, sulla qualità, sulla capacità e meno sullo slogan o la fede cieca verso una parte politica.
L’insegnamento servirà? Ce lo auguriamo tutti, anche se obiettivamente rimaniamo scettici.
Una cosa è certa, alla fine chi paga è sempre il popolo…, anche lo stipendio ai politici. Quindi? quando pago scelgo.