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L’elettrico ormai è una realtà con cui fare i conti, ma a quanto pare non in Italia. I mercati europei registrano una crescita di vendite di veicoli ibridi e full elettrici, meno che in Italia, che invece sta registrando un calo delle vendite. Eppure l’elettrico può rappresentare un’opportunità verso una riconversione industriale e occupazionale. E’ quanto messo in evidenza dallo studio effettuato da Motus – E e CAMI (Center for Autonotice and Nobility Innovation) del dpartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia, presentato il 14 dicembre. Lo studio esamina circa 2.400 aziende italiane di componenti per auto che coinvogono circa 280.000 addetti. Contrariamente a quanto viene evidenziato da varie organizzazioni di settore, si stima che la nuova mobilità elettrica faccia aumentare i posti di lavoro del 6% entro il 2030 e ulteriori 7.000 addetti per le infrastrutture ed energia al servizio delle eMobility.
L’analisi ha messo in luce però che occorre che vengano adottate politiche attive per la formazione e la riconversione del comparto, senza le quali, la filiera italiana finirebbe inevitabilmente per continuare a comprimersi.
Massimo Nordio, Presidente di Motus-E, ha così commentato i contenuti dello studio. “Non si può rimanere indifferenti davanti a questi numeri, è evidente che per rilanciare l’industria italiana dell’auto occorra puntare subito sulle tecnologie in espansione, perdere tempo vorrebbe dire indebolire ulteriormente il settore e cedere ad altri Paesi la nostra leadership nella componentistica”, e avverte, “questa filiera è strategica e fondamentale per l’Italia, non possiamo più permetterci di trascurarla mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, dopo quelli che abbiamo già perso tra il 1998 e il 2018. I componenti italiani vengono apprezzati e montati sulle auto prodotte in tutto il mondo, è chiaro che il futuro è l’auto elettrica e quindi bisogna essere veloci a riposizionarsi”, sottolinea ancora Nordio, “oltre ai benefici per l’ambiente, è ora di comprendere anche quelli economici e sociali legati alla trasformazione energetica”, e conclude. “Talento ed esperienza non mancano di certo alle aziende italiane, ma per rilanciare il settore e renderlo a prova di futuro adesso servono indirizzi di politica industriale pragmatici. Non si possono lasciare le imprese da sole in un momento così delicato”.

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