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I maggiori gruppi assicurativi hanno visto nell’intelligenza artificiale (IA) una opportunità da sfruttare preliminarmente per i servizi alla clientela e successivamente per la personalizzazione e ottimizzazione delle garanzie prestate e dei relativi premi di polizza. Per alcune compagnie il processo è iniziato con la domotica dei fabbricati, per recepire alcuni parametri inerenti alle garanzie prestate, ma presto si è passati al controllo delle frodi e all’analisi della condotta di guida dei conducenti i veicoli attraverso la cosiddetta “scatola nera”. È stata forse quest’ultima la chiave di volta del successo che le compagnie di assicurazione hanno trovato nell’elaborazione dei dati, processati da sistemi di IA. Si dice che l’’appetito vien mangiando, forse è vero se analizziamo quelle che sono state le applicazioni successive dell’IA nel comparto dei sinistri stradali.
Le case di software che propongono soluzioni informatiche avanzate, vedono nel mercato assicurativo il loro maggior cliente, tenuto conto che oltre al consumo interno, possono orientare l’utilizzo dei programmi, adoperati per la gestione, la preventivazione e stima dei danni, alla rete di carrozzerie fiduciarie e ai periti assicurativi di riferimento. Pertanto, la costruzione di sistemi in grado di elaborare i dati documentali ed analizzare una documentazione fotografica per estrarne elementi alla stima del danno più o meno attendibile, è diventato un metodo propositivo abbastanza naturale e sotto un certo punto di vista logico. In tutto questo – però – occorre che l’utilizzatore valuti, quando e fino a che punto può utilizzare il sistema (automatico) dell’intelligenza artificiale, tenuto conto che il compito di stimare i danni è stato demandato (per legge) al perito assicurativo, al fine di tenere sotto controllo i costi, per evidenti motivi di non scaricare inefficienze economiche sui consumatori con aumenti ingiustificati dei premi di polizza, e solo successivamente con modifica (D.LGS. n.209/2005 dell’art. 156 – 2° comma del Codice delle assicurazioni private), anche alle assicurazioni. La ragione vorrebbe che si adoperino pure tutti i sistemi automatici e non a disposizione, se servono a diminuire i tempi operativi, ma contemporaneamente occorre controllare che il risultato sia corretto e che il veicolo possa essere rimesso in circolazione sulla strada in sicurezza, e questo lo può fare solo l’esperto dell’auto (il perito assicurativo).
Se allarghiamo l’orizzonte sul panorama dell’IA osserviamo che le stesse assicurazioni sono abbastanza perplesse nell’applicare l’IA avendo rilevato incongruenze palesi nell’analisi dei dati. Evidentemente gli algoritmi adottati non sono ancora all’altezza di quella affidabilità che si vuole raggiungere, solo il 44% delle assicurazioni hanno messo in atto sistemi di IA.
Ci sembra illuminante la dichiarazione fatta in proposito da uno dei maggiori gruppi assicurativi che da anni studia e applica l’IA: “Alla luce di questi casi, risulta pertanto di fondamentale importanza adottare un approccio etico all’intelligenza artificiale, che riguardi l’uso responsabile e la condivisione di dati e algoritmi al di là degli obblighi legali per massimizzare la creazione di valore sostenibile e ridurre al minimo i rischi per gli individui e la società”. Sempre lo stesso Gruppo conclude:” Alla base della strategia … c’è poi l’idea di fornire delle linee guida e di sviluppare degli algoritmi in grado di evitare i rischi e di assicurare la trasparenza di tutti i processi, facendo in modo che ci sia sempre un controllo umano sulle attività e sulle decisioni più delicate”. Queste si sono delle conclusioni “Intelligenti”.
Le stesse case di software che hanno sviluppato sistemi di stima del danno auto basati sull’intelligenza artificiale, raccomandano il suo utilizzo con estrema precauzione da parte del mercato assicurativo, poiché è dimostrato che a fronte di pochi casi  andati a buon fine  ce ne sono molti altri (la stragrande maggioranza) che hanno obbligato alla ripresa del fascicolo e ad integrare l’iniziale offerta: “A mio avviso occorre un approccio equilibrato e razionale. L’IA avrà anche impiegato 2 secondi a liquidare un sinistro ma lo stesso tempo domani lo impiegherà per riprendere il processo con il sistema tradizionale, ed è lì che servirà l’intervento umano. Una perizia fatta con l’IA velocizzerà il lavoro del perito non delle compagnie, almeno per il momento, così come hanno fatto i computer quando hanno sostituito i tempari cartacei, penne e calcolatrici. Lasciamo che l’’IA, liquidi il 2% dei sinistri mentre per il restante 98% il tocco umano è ancora centrale”. In conclusione, il ruolo del perito rimane, quindi, indispensabile. Questo principio vale per l’Italia e anche per gli Stati Uniti dove è iniziato qualche decina di anni fa. Pertanto, il giusto equilibrio tra l’automazione offerta dall’IA e l’esperienza umana resterebbe fondamentale per garantire valutazioni di qualità e la soddisfazione degli assicurati.

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