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La nuova mobilità, soprattutto elettrica, penalizza chi sulle vetture svolge la maggior parte del proprio lavoro: la manutenzione ordinaria.
Tutto è ormai orientato al “green” per la salvaguardia del pianeta e i mezzi di trasporto con le motorizzazioni attuali contribuiscono in modo consistente al deterioramento del clima.
La transizione ecologica e tecnologica dei veicoli è già iniziata e le prospettive future sono ormai tracciate sia a livello politico sia industriale per i prossimi 5 – 10 anni e oltre. E’ evidente che a fronte di questo cambiamento deve far riscontro tutta la filiera che gira attorno al nuovo modo di concepire la mobilità e questo, soprattutto in Italia, registra ancora molte resistenze. Una delle ragioni, se non la principale, è sicuramente dovuta alla tipologia di parco circolante che vede ancora un numero molto elevato di veicoli “tradizionali” e ancora un numero esiguo di quelli elettrici. La tabella che segue ci fornisce la risposta. Come si può vedere l’Italia, è, tra i paesi più industrializzati, quello con maggiore densità di veicoli, che ha in proporzione il numero più elevato di veicoli circolanti di età superiore ai 10 anni. E’ evidente, quindi, che chi si occupa di manutenzione, indipendentemente dai cambiamenti in corso nel modo di costruire i veicoli, può contare su un lasso di tempo relativamente lungo prima di modificare in toto o in parte la propria attività. Pressioni politiche, incentivi al cambiamento incidono pesantemente, ma le condizioni sociali, economiche, sopratttuo in una pandemia ancora in corso, difficilmente svolgeranno un ruolo particolarmente attivo nella sostituzione del parco circolante attuale nel breve periodo.
I meccatronici possono, quindi, dormire sonni tranquilli, per loro i margini temporali del cambiamento sono abbastanza dilatati nel tempo, ma attenzione! I veicoli circolanti a energia elettrica ci sono comunque e non tutti si rivolgono alle reti dei costruttori.

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