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La pubblicità e il marketing aziendali sono elementi che s’intersecano necessariamente con  il giornalismo. Gli strumenti oggi a disposizione sono molti, è infatti possibile sperimentare su più canali e con nuovi linguaggi, ma provando a smarcarsi dal rischio autoreferenzialità. Quello del proprio compiacimento, invece di quello verso cui è indirizzato il messaggio promozionale, consumatore, cliente, è uno dei principali ostacoli per una pubblicità efficace. Più facile a dirsi che a farsi. Secondo Francesco Giorgino, docente di comunicazione e marketing all’Università Luiss «Oggi i consumatori non acquistano solo più un bene o non accedono solo ad un servizio, ma vivono soprattutto un’esperienza sensoriale. La marca, anche quella istituzionale, diventa sempre di più un testo aperto anche grazie alla sua capacità di generare micro-narrazioni individuali in grado di sostituire le macro-narrazioni collettive del Ventesimo Secolo». «Oggi chi sceglie di adottare un approccio da media company lo fa utilizzando innanzitutto piattaforme digitali, ma con una crescente consapevolezza della transmedialità necessaria da utilizzare sui diversi mezzi e con un’adozione non banale della carta. I magazine cartacei sono cresciuti come numero, ma soprattutto in termini di qualità.
Per operare ed essere competitive nel nuovo scenario comunicativo, saturo di informazioni e scarso di attenzione, le aziende devono trasformarsi almeno parzialmente in editori o almeno avvalersi di editori che con proprio magazine o i canali social siano in grado di costruire un nuovo business, associando un ulteriore servizio, sempre meno opzionale, l’informazione, che sia in grado di ricercare i fatti di un’azienda per trasformarli in notizie da pubblicare.