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Si fa ancora tanto parlare del risarcimento del danno auto per equivalente (denaro) anzichè in forma specifica (riparazione diretta) o viceversa. Solitamente il danneggiato chiede il risarcimento per equivalente per poi provvedere in proprio o lasciare l’onere all’autoriparatore di richiedere il rimborso della fattura all’assicurazione. Nel caso specifico la situazione si ribalta, poichè il danneggiato richiede il risarcimento in forma specifica (ben sapendo che il valore del danno e superiore al valore commerciale dell’auto).

La legge, infatti,  prevede entrambe le soluzioni che possono essere adottate da una compagnia di assicurazioni o scelte dal danneggiato a secondo delle circostanze. Non entriamo nella discussione atavica quando è opportuna l’una o l’altra soluzione, per questo ci sono innumerevoli sentenze dei tribunali che motivano quando si può fare o nò. In questo post vogliamo trattare il caso in cui il costo della riparazione superi il valore del veicolo stesso. In sostanza diremo che la riparazione è antieconomica.
La Corte di Cassazione in una recente ordinanza (sentenza n. 2982/2023), ha sancito che nel caso in cui un’auto riporti un danno che, per essere riparato, richiede una somma di denaro che supera il valore del veicolo stesso, il giudice può disporre che il risarcimento sia riconosciuto per equivalente. Questo in estrema sintesi quanto sancito dalla Cassazione nell’ordinanza.
Il caso riguardava un danno all’auto a causa dell’allagamento di una strada dopo una pioggia particolarmente abbondante. Il danneggiato, per il risarcimento conviene in giudizio il Comune perché, a suo dire, il danno è stato cagionato dalla cattiva manutenzione delle fognature e dei sistemi per far defluire correttamente le acque piovane.
Il Tribunale accoglie la richiesta, riconoscendo un danno di 14.962,69 euro, somma che in sede di appello viene ridotta a 2.500 euro. Il danneggiato, insoddisfatto dell’importo, ricorre in Cassazione, perché la riduzione del risarcimento da parte della Corte di appello si fonda su una mera dichiarazione di valore del Comune (valore commerciale dell’auto –  ndr), nonostante la sua contestazione e l’assenza di un documento probatorio a supporto di detta quantificazione. Rileva inoltre che il Comune non ha mai contestato la prima quantificazione del danno, ritenendola eccessivamente onerosa.
La Cassazione nel respingere il ricorso del danneggiato rileva però che il Comune ha subito contestato l’importo richiesto stante la sproporzione tra costi di riparazione e valore dell’auto. Precisa inoltre che in realtà la Corte di merito non ha quantificato il danno in 2.500 euro, ma ha ritenuto provato il valore commerciale del mezzo nell’importo massimo di 2.500,00 euro. Da qui la decisione di disporre il risarcimento per equivalente così motivando: “in caso di domanda di risarcimento del danno subìto da un veicolo per un incidente stradale, costituito dalla somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione dei danni si propone in realtà una domanda di risarcimento in forma specifica. Pertanto, se detta somma supera notevolmente il valore di mercato della vettura, da una parte risulta essere eccessivamente onerosa per il danneggiante, e dall’altra finisce per costituire un ingiustificato arricchimento per il danneggiato, sicché il giudice potrà condannare il danneggiante al risarcimento del danno per equivalente”. Rientra infatti nel potere insindacabile del giudice riconoscere al danneggiato il risarcimento per equivalente al posto del risarcimento in forma specifica.

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