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In caso di sinistro o danno all’auto, sentiamo spesso parlare di caso fortuito. Solitamente si richiama questa condizione, quale esimente da responsabilità dimostrando il caso fortuito, da parte del presunto responsabile, cioè che l’evento è imprevisto e imprevedibile il che esclude la propria colpa. Infatti, il caso fortuito, qualora rappresenti l’unica causa che abbia determinato l’evento dannoso, fa venir meno la presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054 cod. civ. in tema di danni derivanti dalla circolazione. Detta in parole povere, prendiamo come esempio un danno causato da una buca stradale, il Comune, presunto responsabile,  se dimostra che la buca si è creata poco prima del danneggiamento per varie cause e, quindi un fatto eccezionale e immediato, rendendo impossibile la sua segnalazione o riparazione, può rientrare nel caso fortuito. In questo contesto va però presa in considerazione anche la condotta di guida del conduecente il veicolo. Il caso fortuito indica l’evento non prevedibile né evitabile con la diligenza dovuta, vale a dire con l’impiego della perizia e della prudenza normalmente necessarie nella guida del veicolo, nel rispetto delle norme che regolano la circolazione. In poche parole, in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione, ai sensi dell’art. 2054 cod. civ. può configurarsi a carico del conducente un’ipotesi di responsabilità presunta da cui il conducente può liberarsi fornendo la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, e che tale prova liberatoria non va intesa nel senso di dover dimostrare l’impossibilità o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi con riferimento alle circostanze del caso concreto.
Come si vede la materia non è facile e spesso implica la richiesta di giudizio in tribunale, come nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4155/2023.
Un uomo alla guida di un autocarro, omettendo di rispettare il limite di velocità in relazione allo stato dei luoghi che stava attraversando (centro urbano con attraverso pedonale) e di tempo (visibilità ridotta a causa dell’abbagliamento del sole) tamponava un autobus e cagionava lesioni al conducente e alla passeggera presente sul suo autocarro. Veniva quindi sottoposto a procedimento penale e sia in primo che secondo grado veniva condannato per il reato di lesioni stradali gravi.
La difesa, nel ricorrere in Cassazione, contesta la qualificazione del reato ai sensi dell’art. 590 bis c.p. che punisce le lesioni personali stradali gravi o gravissime, ritenendo più corretta la qualificazione nel reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. La condotta dell’imputato è infatti riconducibile a colpa generica, poiché il sinistro si è verificato a causa della errata percezione di quanto rientrava nel suo campo visivo a causa dell’abbagliamento del sole e dell’assenza di una violazione dei limiti di velocità. Le ragioni esposte dalla difesa non convincono la Cassazione, la quale ricorda che per giurisprudenza costante della stessa, l’abbagliamento dai raggi del sole non rientra nelle ipotesi di caso fortuito in grado di esonerare l’imputato dalla responsabilità penale. Trattasi infatti di un fenomeno del tutto naturale che in determinate circostanze è prevedibile e proprio in ragione di tale condizione il conducente avrebbe dovuto procedere a passo d’uomo per arrestarsi con tempestività ed evitare l’impatto. Morale, l’imputato (conducente) deve essere giudicato penalmente per lesioni gravi. Di conseguenza non sempre l’esimente richiamata di caso fortuito elimina la resposabilità, ma va giudicata anche la condotta di guida del conducente il veicolo.

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