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Basta un mese di calo delle vendite auto, attestatisi a -20% da inizio anno, per battere la grancassa sui media da parte delle associazioni dell’automotive per ottenere dal Governo incentivi e altre agevolazioni. In realtà il processo mediatico era iniziato già prima, quando ci si era resi conto che l’effetto “transizione” della mobilità verso motorizzazioni alternative (elettrico) erano ormai una realtà consolidata a livello mondiale e, ovviamente, europeo. Lo spauracchio, prospettato dalle varie associazioni di categoria verso le istituzioni pubbliche, è che il cambiamento tecnologico crei disoccupazione, argomento verso il quale il Governo è particolermente sensibile in questo  momento. Si parla di circa 1200 esuberi delle multinazionali Bosch e Marelli e di altri 4 o 5mila addetti della filiera che potrebbero essere coinvolti (fonte Il Sole 24ore), solo per citarne alcuni. E’ evidente che se un’azienda fabbrica un prodotto destinato ad essere dismesso nel tempo (anni) cercherà di diversificare e riprogrammare la propria produzione verso le nuove tecnologie. Tutto ciò fa parte della logica imprenditoriale di adattamento alle politiche e alle esigenze del mercato, anche se in questo caso il cambiamento è effettivamente “epocale”, e non è detto che i cambiamenti si ripercuotino sull’occupazione, soprattutto se parte degli addetti viene riqualificato alle nuove esigenze tecnologiche.
Infatti, le analisi mondiali sull’impatto occupazionale degli addetti dell’automotive, prevalentemente destinati alla produzione di auto e componenti, risulta avere un impatto minimo (vedi analisi).
In questo contesto, il calo registrato della vendita di auto in un tempo così ristretto non  fa testo. D’altronde occorre fare una considerazione di carattere generale sul sistema economico finanziario realtivo all’automotive, che comunque riguarda tutto il mondo dell’imprenditoria. Se un’azienda privata, grazie alla sua buona imprenditorialità e capacità riesce a performare bene e a fare utili che vengono destinati al buon funzionamento aziendale, a una costante e programmata azione di marketing, all’adeguamento degli impianti ecc. e, infine, ne accantona una parte per la ricerca e per i momenti di maggiore difficoltà (come nel nostro caso nella riconversione di piattaforme ed organizzazione del lavoro), dovrebbe essere in grado di superare un momento negativo, se questo non dipende direttamente da una decisione legislativa. Nell’imprenditoria privata, per quanto ne sappiamo, non esiste una copertura pubblica contro il rischio d’impresa, ne ci risulta che parte di questi utili vengano versati in un fondo pubblico a disposizione per i casi di necessità. Qui si parla di richiesta di aiuto di denaro (o provvedimenti) pubblici per supperire a un fatto contingente e indipendente dai decisiori politici. Il rischio d’impresa è insito nelle attività private. Prendiamo per esempio il settore del commercio al dettaglio il rischio è il fallimento e la chiusura dell’attività.
Il Mise, capitanato dal Ministro Giorgetti nel prendere atto della situazione, ha preannunciato iniziative atte ad ottenere incentivi per il settore dell’automotive. In parole povere si cerca di spingere i consumatori a rinnovare il parco auto verso veicoli a basso impatto ambientale, in primis ibride e full elettrico.
Questo modello di sostegno è solo un tampone momentaneo che non è programmatico nel medio e lungo termine e oltrettutto costa parecchio alla collettività. Forse il Governo dovrebbe mettere in campo inizative utili alla facilitazione delle procedure per la riconversione tecnologica, allo snellimento burocratico e ad un generale alleggerimento delle tasse e imposte, questo significa progettare per tutta la filiera un percorso più o meno lungo per il superamento della crisi, accompagnando le imprese lungo il percorso della transizione, anzichè mettere a disposizione fondi “una tantum” che non risolvono il problema strutturale.
Se invece guardiamo al comparto degli autoriparatori la situazione non presenta particolari criticità, per quello che riguarda il lavoro, in effetti la riparazione e soprattutto la manutenzione dei veicoli sono in grande “spolvero”. Caso mai il problema è esattamente contrario: riuscire a trovare personale qualificato per svolgere il lavoro (vedi articolo).

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