Questo è l’editoriale che è uscito sulla rivista ioCarrozziere del mese di aprile. Ve lo riproponiamo completo di video di commento.
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È bastata una frase detta dal Presidente Draghi fuori campo, dopo un discorso fatto al centro per la vaccinazione di Fiumicino, per scatenare i pareri pro e contro all’utilizzo dei termini inglesi. Anche se ormai Smart-working, babysitting, e altri termini sono diventati di uso comune nel linguaggio e nelle comunicazioni, personalmente li ho sempre contrastati e, quando non possibile, tradotti. Il cambio linguistico che ha caratterizzato il nostro paese negli ultimi decenni è stato notevole: il “politichese”, il “burocratese”, l’utilizzo smodato di frasi inglesi, o comunque prese da lingue estere, l’uso di locuzioni che “suonano bene” ma che in realtà non dicono nulla, sono caratteristiche dell’informazione dei nostri tempi.
Al di là dell‘”antipatia” per l’uso smodato di questi forestierismi, debbo ammettere che alcuni di questi termini sono utili nel sintetizzare concetti altrimenti più complessi da descrivere in italiano, ma in genere danno l’idea di voler far sfoggio della propria cultura e dare dimostrazione agli interlocutori della propria saccenza.
Chi comunica con la parola o con lo scritto ha l’obbligo di farlo in modo semplice; più è complicato e difficile da spiegare un concetto, e maggiore dovrebbe essere lo sforzo culturale per far capire a tutte le persone quello che si vuole dire. Spesso però ci si dimentica del lettore in quanto persona, in possesso di diversa cultura. Vi è la convinzione che il forestierismo renda più bello e prezioso il discorso informativo e qualifichi a un livello superiore, come conoscitore di lingue straniere, chi lo fa. Sembra strano, ma è ormai più facile essere “criptici” (Chi tende a nascondere, difficilmente decifrabile – Treccani) che sforzarsi di farsi capire con parole semplici.
Il “bello scrivere” non è l’uso di parole ed espressioni ricercate, quanto più possibile estranee alla lingua parlata, quasi che il parlare corrente sia da ritenere grossolano e volgare.
È divertente in proposito il monologo “La banca” sul colloquio col direttore di Enrico Brignano, che potete vedere su questa pagina nella presentazione multimediale.
Noi, nei nostri articoli tecnici, gestionali e nei webinar (Seminario interattivo tenuto su Internet), cerchiamo di parlare “chiaro” per renderli comprensibili a tutti, anche se per alcuni può essere classificato come utilizzo di linguaggio “popolare”, noi – invece – crediamo che questo sia un pregio e non un difetto.
Ora lo dice anche Draghi che per anni ha fatto discorsi in inglese, ma quando parla in italiano si pone il problema di usare i termini appropriati nella nostra lingua. E adesso – forse – tutti si uniformeranno sia nella forma verbale che in quella scritta. Era ora!