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Ve la ricordate quella filastrocca che si usava per far giocare i bambini con una specie di indovinello: “Pin pin cavalin, sota al pè del taulin, pan mol, pan fresc, induina che l’è quest”, e si mostravano i due pugni chiusi in uno dei quali vi era la sorpresa.
Leggendo l’esito di questa sentenza della Cassazione n. 7839/2022, mi è venuta in mente questa filastrocca per indicare che a questo mondo nulla è certo e le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Le istituzioni pubbliche deputate a dirimere questioni legali e giuridiche su interpretazioni ritenute errate, che dovrebbero costituire un punto fermo, rappresentano, invece, una “sorpesa” che si piega alle esigenze amministrative e finanziarie, nonostante la decisione appaia in contrasto con le disposizioni Ministeriali e con la giurisprudenza emanata nel corso degli anni. I comuni Italiani, lo sappiamo, sono sempre alla ricerca di fondi per far funzionare l’amministrazione pubblica e soprattutto rispettare le promesse elettorali. I fondi messi a disposizione del Governo sono sempre meno e una delle entrate su cui far conto sono le contravvenzioni per divieto di sosta, oggi particolarmente regolamentate dalle strisce blu.
La decisione della Cassazione ha suscitato stupore nel mondo legale e giuridico con deduzioni interpretative discutibili. La Cassazione ha infatti deciso che il fatto di aver protratto la sosta sulle strisce blu, oltre quanto stabilito e pagato, rappresenta un illecito amministrativo quindi sanzionabile con una multa e non di mero inandepimento contrattuale, quanto sostenuto dal Giudice di Pace, per il quale è previsto, invece, il pagamento della differenza per il periodo non pagato e relativi accessori.
La questione non è di poco conto e non è solo economica, si tratta di decidere tra le indicazioni date dal Ministero dei trasporti e l’interpretazione fornita dei massimi giudici, ma la legge è legge e dovrebbe essere applicata in modo univoco… o no!

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